IL CANTARE DEL CID ( RODRIGO DIAZ DE BIVAR)

El Cid "Campeador" | History

C L A S S E   S E C O N D A (LETTERATURA)

 TRAMA DEL CANTARE DEL CID (DE CAMPEADOR)

clicca il link ! -----> https://www.youtube.com/watch?v=02Iv8SdpFpU


In BASSO: il canto descrive l'ingiusto esilio subito dal CID


BUON ASCOLTO e BUONA LETTURA, CLASSE SECONDA!

 (le domande, se ne avete,  nei commenti).

Triste pianto gli sgorgava dagli occhi, mentre volgeva il capo a guardare. Le porte erano spalancate, gli usci aperti, le scansie nude di pellicce e mantelli, niente falconi da gabbia, niente rapaci da muta. Sospirò il mio Cid, vinto dall’angoscia. Poi parlò con rassegnazione e misura: «Lode a te, o Signore, Padre che sei nei cieli! Ecco che hanno ordito contro di me nemici malvagi!».

I suoi fidi già sono pronti a marciare. All’uscita di Bivár videro la cornacchia a destra, entrando a Burgos l’ebbero a sinistra. Il mio Cid scrollò le spalle ed accennò col capo: «Orsù, Alvaro Fañez, sentite che vi dico; siamo scacciati di Castiglia; un giorno torneremo in questa terra con grandi onori».

Il mio Cid, Ruy Diaz, entrò a Burgos. Sessanta pennoni seguivano il Campeadór; tutti correvano per vederlo, donne e uomini. I Burgalesi si affollano alle finestre con le lacrime agli occhi. Che dolore! Tutti gli uomini d’onore dicevano la stessa cosa: «Che buon vassallo! Se avesse trovato un signore altrettanto buono!».

Con piacere lo avrebbero alloggiato, ma nessuno ci si arrischiava; s’era sdegnato con lui il re don Alfonso. Prima di notte era giunto a Burgos un dispaccio col sigillo reale e con ordini severi: «Nessuno ospiti il Cid, Ruy Diaz. Se qualcuno trasgredisca, sappia che gli capiterà: perderà gli averi e gli occhi della testa; non avrà salvo né corpo né anima».

Tutta quella gente cristiana ne aveva gran dolore. Si nascondevano al mio Cid, non osando rivolgergli la parola. Allora si diresse il Cid alla casa sua. Come giunse alla porta, la trovò sbarrata. Per timore del re Alfonso avevano creduto bene inchiodarla.

Se egli non l’avesse sfondata, nessuno gliela avrebbe aperta. I compagni del mio Cid chiamavano a gran voce; quelli di dentro non rispondevano. Il mio Cid dié di sprone, giunse alla porta, trasse il piede della staffa, calciò forte; la porta non si aprì; era stata sprangata molto bene. Ed ecco che una fanciullina di nove anni si accosta al Cid: «Cid Campeadór, che in buon’ora cingeste la spada, sappiate che il re ha proibito di ricevervi. Con un dispaccio sigillato ha impartito ordini severi. Non possiamo accogliervi e darvi asilo, se no perdiamo terreni e case; trasgredire all’ordine potrebbe costarci persino gli occhi, gli occhi delle nostre teste. O buon Cid! dal nostro male non guadagnereste niente. Che Iddio vi protegga, Cid, col suo santo potere».

Così disse la piccola e tornò verso casa. Il Cid comprese che dal suo re non poteva sperare grazia. Lasciò la porta e spronò verso la città. Giunto alla Chiesa di Santa Maria smontò da cavallo. Messi i piedi a terra pregava di cuore. Dopo che ebbe pregato rimontò a cavallo, passò la porta della città, traversò il rio di Arlazón. Fermatosi nei pressi della città, s’accampò in un luogo ghiaioso, fece disporre le tende e discese da cavallo. Il mio Cid Ruy Diaz, che in buon’ora cinse la spada, s’era accampato sulla ghiaia, poi che nessuno l’aveva accolto in casa. Aveva però intorno a lui parecchia gente. Così il mio Cid pose il campo, quasi fosse su una montagna. Il re ha proibito che in Burgos gli vendano alimenti: nessuno oserebbe vendergli neppure ciò che si compra per un denaro.

Il buon Martino Antolinez, un Burgalese assai compìto, provvide pane e vino al mio Cid ed alla sua compagnia. Nulla comprò; ne prese da quanto già aveva in casa. Lo provvide di cibi di ogni sorta. Il compìto mio Cid Campeadór gradì l’offerta, e così tutti gli altri. Parlò Martino Antolinez: «Orsù, Campeadór che nasceste in ora propizia! Questa notte riposeremo qui, prima di riprendere il cammino. Sarò certo accusato per quanto ho messo a vostra disposizione, né potrò sfuggire alla collera di re Alfonso. Ma, se riesco a scampare da questa terra, sano e salvo, presto o tardi il re mi rivorrà per amico; e se no, di tutto quello che lascio non me ne importa un fico».

QUALI CITTA' DELLA SPAGNA ATTUALE APPARTENGONO AL TERRITORIO CHE ALL'EPOCA COSTITUIVA LA CASTIGLIA?

***

Il Cid continua le sue conquiste e, dopo aver sottomesso Valencia, invia al re una gran parte del bottino ottenuto chiedendogli di inviargli la moglie Jimena con le figlie: il re accetta; per riconoscenza il Campeador dona duecento cavalli al suo sovrano.

Ciò disse il Cid, che in buon’ora nacque;

poi tornava a Murviedro, in terre conquistate.

Andarono gli araldi per tutte le contrade.

Al gusto del guadagno nessuno vuol tardare,

e molte genti della buona cristianità accorrono.

Cresce in ricchezza il Cid, quel di Vivar.

Quando vide tante genti riunite si cominciò a rallegrare.

Il Cid Don Rodrigo non volle più tardare:

marciò verso Valencia, la cinse da ogni parte.

La strinse in duro assedio, non vi era modo di scampare:

nessuno può più uscire, nessuno può più entrare.

Volando ne arrivano nuove, volando da ogni parte;

più di quanti lo lasciano son quelli che a lui corrono, sappiate.

Diede una tregua, se mai qualcuno li venisse ad aiutare.

Per nove mesi  cinse d’assedio la città, sappiate.

Quando giunse il decimo, dovettero capitolare.

Grande fu la felicità che corse da ogni parte

quando il Cid prese Valencia ed entrò nella città.

Furono fatti cavalieri quelli che erano fanti.

L’oro e l’argento, chi mai lo potrebbe contare?

Erano tutte ricche, quelle genti cristiane.

II Cid don Rodrigo si ebbe la quinta parte: 

son trentamila marchi in denaro sonante;

ma gli altri beni, chi li potrebbe contare?

Lieto era il Campeador, con le genti cristiane,

nel vedere la sua insegna sventolare sul castello.

Già riposava il Cid con tutta la sua armata,

quando al re di Siviglia arrivava la notizia

che è caduta Valencia: nessuno li ha aiutati.

Li vennero ad affrontare con trentamila armati.

Si diedero battaglia presso il bosco,

il Cid li mise in fuga, l’uomo dalla lunga barba.

La cavalcata durò fin dentro a Jàtiva.

Al paesaggio del Jucar potevate vedere un’accozzaglia

di Mori lottar con la corrente, costretti a bere acqua.

Il re del Marocco con tre ferite scampa.

È ritornato il Cid, con la preda razziata.

Grande era stata Valencia, quando la città fu occupata,

ma fu molto più prospera, sappiatelo, quando venne conquistata.

Ai minori di tutti toccarono cento marchi d’argento.

Pensate fin dove arrivavano le notizie del cavaliere!

Grande allegria c’è nello stuolo dei Cristiani

che segue il Cid, colui che in buon’ora è nato.

Già gli cresce la barba e gli si sta allungando.

E disse il Cid, di sua bocca parlando:

“Per amore del Re Alfonso, che dalla sua terra mi ha scacciato,

non vi entreranno forbici né un pelo sarà tagliato:

e ne parlino pure il Moro e il Cristiano”.

Il Cid Don Rodrigo sta a Valencia riposando

con Minaya Alvar Fanez, che non si muove dal suo fianco.

Di ricchezze sono colmi quelli che hanno lasciato le loro terre.

A tutti ha dato case e beni a Valencia, ognuno ne è pago.

Così imparavano a conoscere l’amore del Cid

quanti con lui partirono o dopo che l’ hanno raggiunto,

ed ognuno ne è pago.














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